Venti anni dopo

Il Partito Libertario nasce come incarnazione di un sogno ventennale, quello di dare vita concretamente a un “centro anarchico”, che fosse in grado di prendere il meglio di quanto vi fosse nella “destra” anarco-capitalista e nella “sinistra” anarco-comunista, gettando a mare il peggio di entrambe, riuscendo a coniugare, insieme a un’intransigente difesa della libertà individuale, l’idea geo-libertaria della Terra comune con l’idea della libera iniziativa economica come elemento integrante della libertà individuale, una volta che la libertà economica fosse sgomberata da quelle posizioni dominanti, che nella storia sono frutto in grande parte della protezione dello Stato e della collusione con esso.

Tale impostazione ci avvicinava a certe posizioni dette “left-libertarian” statunitensi, ad esempio quelle espresse dal Center 4 a Stateless Society, affollato da sostenitori di un “libero mercato non capitalistico”, considerato anche che, come sosteneva ormai tre secoli fa Thomas Hodgkins, il “capitalismo” non è un sistema economico, ma un sistema politico, fondato sul predominio politico di questo grande capitale che vive in simbiosi con lo Stato e che alla fine si rivela un parassita della società.

Il che trova conferma oggi dalla politica del Recovery Fund, che alcuni intendono come una sorta di neo-keynesismo, quando si tratta invece in buona parte di una ristrutturazione neo-capitalistica a spese del contribuente, sicché l’elemento “keynesiano” consiste esclusivamente nel fatto di accostarsi con allegria al debito, un debito questa volta “buono”, in quanto autorizzato dall’Unione Europea, la quale finge di dismettere i panni troppo rigorosi dell’austerity, solo perché l’occasione della “pandemia” è troppo ghiotta per non coglierla al volo per procedere a una tale ristrutturazione: salvo che, a dispetto della propaganda dei mass-media, tutto ciò si riverberà in già previsti poderosi aumenti dell’IVA e delle imposte sugli immobili; anche perché le famose élites tecnocratiche pare che non amino eccessivamente il fatto che la piccola borghesia si giovi di una piccola proprietà immobiliare da lasciare ai loro eredi spiantati e precarizzati, il che pure rappresenta un elemento essenziale dell’odierno sistema.

E allora la “pandemia”.

Il Partito Libertario nasce nel 2020 con l’ambizione di proporre un programma di revisione radicale del sistema, dopo diversi anni di dibattito e di libera discussione in ambito libertario (importante a tale proposito è stata l’esperienza di “Laboratorio Libertario”, con Paolo Ranieri, Tommaso Biagi e molti altri); e tuttavia le nostre ambizioni hanno indubbiamente subito una frenata a causa del virus, dato che il tema è divenuto purtroppo di primaria rilevanza, mentre gli altri nostri temi, pur non venendo per nulla accantonati (valorizzazione a vantaggio dei cittadini del demanio, libero conio e rottura del monopolio monetario, e tutto il resto), finiscono inevitabilmente in secondo piano.

Siamo stati rigettati indietro nel tempo, perché se noi, già da anni, polemizzavamo con i radicali, per il loro attardarsi sul concetto inadeguato di “Stato di diritto”, proponendo puramente e semplicemente il superamento di quell’abuso di posizione dominante che è rappresentato dallo Stato, ora è toccato a noi invece difendere lo “stato di diritto” (con l’iniziale minuscola), magari proprio contro buona parte dei radicali, non tutti, che si sono rivelati per varie ragioni del tutto proni a Draghi e totalmente ignavi e silenti sulla questione prima del lockdown e ora del green pass, dell’obbligo vaccinale e di tutto il resto dell’apparato che è stato chiamato, non senza buone ragioni, “dittatura sanitaria”. D’altra parte, la rivisitazione del concetto di “stato di diritto” ha fatto bene anche a noi, dato che ci siamo potuti dedicare al tema del primato dei diritti umani nella gerarchia delle fonti, il che, se ben inteso, funziona in effetti in modo anche alquanto “sovversivo”.

E se i radicali hanno in buona parte dimostrato la loro inconsistenza ed evanescenza da questo punto di vista, lo stesso abbiamo dovuto constatare con dolore in certi ambienti sedicenti “anarchici” (più che altro anarco-sardine), i quali hanno sentito di più il richiamo della foresta “sinistrese” che non quello della libertà.

Va pur detto quindi di questa odierna fogna chiamata “sinistra”, per cui il PD e i LEU, i Bersani, l’orrendo Speranza (leggete il suo libro delirante, in cui il regime socio-sanitario è esplicitamente teorizzato), sono i più accaniti sostenitori delle misure più rigide possibili, per cui poi si mette in moto questo grottesco giochino linguistico, avallato da alcuni radicali e da alcuni “anarchici” stolidi, per il quale noi che ci opponiamo saremmo “di destra”. Ebbene, dobbiamo dire chiaro e tondo che di tutto ciò non ce ne frega assolutamente nulla, e quindi proseguiamo per la nostra strada, convinti fino in fondo come siamo delle nostre ragioni, nonché del fatto che sono sempre di più quelli che la pensano come noi e che non cedono ai ricatti, costruendo fin da ora dal basso la realtà alternativa possibile.