Intervento di Fabio Massimo Nicosia all’Assemblea aperta del Partito Libertario – 12 dicembre 2021

Il green pass funziona così, che io sono titolare di una serie di diritti fondamentali, ma il governo me li revoca e dice che me li restituisce, attraverso il green pass, se adotto una serie di condotte, in particolare se mi mappino, nonostante in coscienza sia contrario a mappinarmi.

Quindi i diritti fondamentali diventano flessibili e revocabili a piacere da parte del governo, sulla base di una sua valutazione su che cosa sarebbe di “interesse pubblico” superiore ai miei diritti fondamentali.

Capite allora che sbagliate ad accapigliarvi sui “dati”, quando questi sono solo un contorno?

Qui il punto importante è che i diritti fondamentali sono diventati revocabili in via amministrativa.

Virus, mappino, etc., sono solo contingenze tutto sommato poco significative.

Ciò che è significativo è la fuoriuscita dal costituzionalismo liberale per entrare nell’epoca della discrezionalità governativa assoluta.

Ho detto mappino e non vaccino, perché oggi è il vaccino, domani potrebbe essere qualsiasi altra cosa.

Chissà cosa direbbe Primo Levi.

Ormai la stampa ha sdoganato totalmente il fatto che si possano fare leggi rivolte a categorie di persone, in particolare “leggi per i no vax”.

Già il fatto di chiamare “no vax” uno che non si vaccina ha la funzione di gettargli uno stigma addosso, nonostante non vaccinarsi sia un diritto.

Continua a essere un diritto, però fanno leggi su misura per chi esercita questo diritto.

Poi se gli dai del nazista si strappano i capelli.

Ormai siamo all’aperto apartheid, dato che esistono affiancati due ordinamenti giuridici, uno di serie A per i vaccinati, uno di serie B per i non vaccinati, ai quali di fatto viene consentita con solerzia un’unica cosa, lavorare, trattati quindi da asini da soma e non da persone nella loro pienezza, in attesa di essere distaccati a costruire le Piramidi.

Draghi ha dichiarato ufficialmente che i non vaccinati, che non stanno violando nessuna legge, sono però fuori dalla società, parlando come un caudillo sudamericano di una zona depressa dello stato libero di Bananas, con un monstrum giuridico, in cui viene sanzionato chi adotta un comportamento del tutto lecito, come il non vaccinarsi, ragionando sapendo di essere dei falsari, come se il non vaccinato in quanto tale non fosse perfettamente sano e per nulla particolarmente pericoloso.

Invece siamo in una situazione in cui abbiamo sperimentato un’esperienza nuova, quella degli alti vertici istituzionali che insultano i cittadini per il fatto che stanno esercitando un loro diritto, che danno loro degli immorali, dei carenti di senso civico, degli idioti e così via. Il bullismo di Stato come nuova forma dell’imposizione informale di obblighi, inesistenti sul piano formale, e ciò mediante un forsennato mobbing, o stalking, se preferite, che dura da mesi da parte del mondo politico e della comunicazione.

Ma se stiamo esercitando un nostro diritto di legge, perché siamo continuamente tormentati H24 dai mass-media, perché siamo oggetto di continue solerti sollecitazioni, peraltro ingiuriose e diffamatorie, da parte delle più alte cariche dello Stato? Qui siamo all’aperto linguaggio discriminatorio, altro che legge Zan ci vorrebbe, ma non possono adottarla, perché da parte del governo sarebbe una legge contro se stesso.

Il governo sta infatti adottando una duplice strategia.

Da un lato, aumenta a poco a poco le categorie soggette a obbligo vaccinale, che stanno diventando talmente tante, che si dovrebbero fare i conti per vedere che percentuale di cittadini è oggi soggetta a obbligo.

Dall’altro lato, esercita un vero e proprio stalking, detto anche bullismo di Stato, nei confronti dei non soggetti a obbligo, lavorandoli a fianchi sia attraverso la comunicazione dei media improntati a spirito montiano -comunicazione di guerra-, sia attraverso il green pass e la sua trasformazione in super-green pass.

Questa forzosa “induzione al vaccino”, un continuo “e dai, vaccìnati””, fatto sia con l’immoral suasion, sia con il green pass e il suo irrigidimento, andrà meglio studiato dai giuristi, i quali un giorno capiranno che ci troviamo di fronte a qualcosa di inedito -stalking continuato e bullismo reiterato- nella vita di uno Stato, il quale davvero sta cercando di fiaccare psicologicamente i cittadini refrattari: che cosa vi possa essere di costituzionale in tutto ciò si fatica a capire.

Però si indignano se si dice che è una dittatura, perché non ci sono i forni crematori, come se il fascismo non fosse iniziato in modo relativamente cauto, dato che l’omicidio Matteotti è arrivato dopo due anni e la soppressione della libertà di stampa dopo tre, dato che l’Unità, organo di un partito rivoluzionario, mica del Pd, ha continuato a uscire fino alla fine del 1925, e Gobetti ha fatto in tempo a scrivere l’Elogio di Farinacci sulla Rivoluzione liberale; perché una dittatura non si manifesta da un giorno all’altro, e comunque non nel 2021 allo stesso modo di un secolo prima, oggi le forme sono diverse, ad esempio nella cybersecurity e in altre forme di controllo tecnologico. D’altra parte, il servilismo dei mass-media verso questo governo è tipicamente da paese totalitario, quindi non c’è molto da aggiungere.

Questo è un paese in cui si è mangiato per decenni pane e antifascismo, solo che questi acutil fosforo sono talmente geniali che pensano che, se nel 2021 arriva il fascismo, arriva col fez e i saluti romani.

Se cambia d’abito non lo sanno riconoscere.

E allora aveva ragione Piero Gobetti quando diceva che il fascismo è l’autobiografia della nazione, una nazione di pecore, salvo una élite di resistenti, che appena gli fanno bu bu sèttete scappa a nascondersi e a obbedire al capoccione di turno.

Poi se avete visto i film di Alberto Sordi, o Destinazione Piovarolo di Totò, sapete come c’è tutto un sottobosco di opportunisti, di culturina, di giornalisticume -e adesso la culturina e il giornalisticume sono professioni che danno da lavorare a eserciti di persone, rispetto al passato, in genere eserciti di ignoranti-, di benpensanti, che ha una prontezza nello schierarsi e nell’allinearsi che fa veramente pavura. Ma loro continuano a cercare il fascismo nei fez e nella camicia nera, come l’ubriaco che cerca la chiave sotto il lampione, dato che lì è illuminato.

D’altra parte, il sentirsi o no in una dittatura è anche, e forse soprattutto, un fatto psicologico soggettivo, dato che noi che siamo dotati di inclinazione libertaria sentiamo come insopportabile la pressione che viene dalla normativa e dai mass-media, mentre magari, un uomo comune che, come afferma De Felice, negli anni ’30 prestava consenso, e non solo acquiescenza, al Fascismo, lui nemmeno si sentiva in dittatura, così come non si sentono in dittatura tutti i plauditores spontanei di Draghi, a cui possiamo riconoscere anche il beneficio della buona fede, tutti quelli che ripetono entusiasti che sta aumentando il PIL e il prestigio internazionale della nazione, vi ricorda qualcuno? E infatti qualcun altro si giovava sul piano della propaganda della guerra d’Etiopia.

E però, più adottano misure fasciste, più danno del fascista a chi si oppone, in un gioco che ha una duplice funzione: appagare la loro base di poveri di spirito, e zittire il potenziale oppositore, che si vede immediatamente accostato a Forza Nuova, e allora è chiaro il ruolo torbido svolto da questa finta organizzazione, che è quello di squalificare un movimento di milioni di persone, che con Forza Nuova non vuole avere niente a che spartire.

Siamo in piena fiaba di Fedro, quella dell’agnello e il lupo, in cui il lupo intorbida l’acqua e dà la colpa all’agnello che sta sotto, così come allo stesso modo si va a caccia di capri espiatori, ma tutto questo è esattamente spirito nazista, che è quello al governo e non quello di chi si oppone, con un apartheid in danno di un’intera categoria di capri espiatori, di untori, di reietti della società, di immorali, parassiti e free rider, che non sono altro che persone normalissime che effettuano una libera scelta in coscienza, e che per questo vengono subito etichettati spregiativamente come “no vax”, per cui poi la stampa chiama con disinvoltura queste misure come misure “contro i no vax”.

Ah, si noti lo sdoganamento del termine “untori”, che il Manzoni utilizzava per sviluppare una critica feroce nei confronti di chi credeva che gli untori esistessero davvero, mentre ora abbiamo giornalisti televisivi che lo usano con nonchalance per indicare i non vaccinati, il che denota anche solo la grande ignoranza di questi giornalisti televisivi, nonché l’inutilità ormai della nostra scuola pubblica.

Si noti che tutto ciò avviene nella più aperta illegalità, perché siamo di fronte a norme giuridiche totalmente e radicalmente nulle, dato che, in casi gravi come questi, emerge l’istituto della nullità della legge, il che consente ogni disobbedienza civile, ogni rifiuto di rispetto e ogni diritto di resistenza.

Ormai ci troviamo di fronte a provocazioni talmente aperte, da parte del governo, da indurci a pensare che si stia cercando lo scontro di piazza per giustificare misure ormai apertamente dittatoriali, del resto la ministra Lamorgese ha suggerito ai prefetti di applicare l’articolo 2 del TULPS, vale a dire una norma già dichiarata incostituzionale, ma che si continua ad applicare, e che di fatto rappresenta una sospensione in via amministrativa dei diritti di manifestazione pubblica del pensiero; si tratta della stessa norma che applicò il ministro degli interni Cossiga nel 1977, con conseguente uccisione di Giorgiana Masi.

Inoltre viene invocato il TULPS per applicare una norma desueta e incostituzionale, ossia il reato che punisce chi partecipa a “manifestazioni non autorizzate”, concetto inesistente in Costituzione, dato che l’articolo 17 prevede solo la comunicazione a cura degli organizzatori, e niente affatto autorizzazioni per manifestare, né mai punizioni per i manifestanti, anche se la manifestazione non è stata comunicata, ma solo semmai per gli organizzatori: invece noi vediamo sistematici fermi e identificazioni di manifestanti, pur quando questi siano del tutto innocui.

Intanto, non c’è più un residuo di sinistra qualsiasi che metta in luce l’aspetto di speculazione economica di questa vicenda, dato che se usi la locuzione “Big pharma” sei automaticamente considerato complottista, come se le multinazionali del farmaco fossero delle associazioni no profit, per cui si dimentica il sacro motto “follow the money”, che spiega la maggioranza degli eventi politici, almeno ai nostri tempi, in cui l’ideale funziona poco come motore della storia.

E allora i più ingenui di noi dicono che la “Costituzione è morta”, senza capire -ma questo noi lo capiamo meglio di altri perché siamo libertari- che è morta di suicidio assistito, per la sua inadeguatezza, e noi come libertari dobbiamo dirlo, perché i radicali che prima dicevano “costituzione-costituzione”, ora sono tra quelli che cercano nella costituzione i mezzi per la violazione dei diritti fondamentali, affermando che si tratta di violazioni perfettamente costituzionali, come ha fatto il segretario di Radicali Italiani Iervolino a domanda rispondendo sul lockdown.

In effetti, ho individuato tre tipologie di soggettini progressistini e di sinistrina che sostengono qualsiasi misura, purché sia abbastanza restrittiva:

a) Persona di sinistra o molto di sinistra, ivi compresi sedicenti anarchici, in realtà anarco-sardine, per i quali parlare di libertà è individualismo borghese, mentre invece l’individuo si deve piegare al bene comune;

b) Persone totalmente prive di nerbo e di intelligenza politica, che vedono l’autoritarismo solo se vedono saluti romani, in assenza dei quali vanno in tilt e non capiscono nulla, mica perché sono in malafede, ma perché sono proprio stupidi, questi sono i trinariciuti (che però come trinariciuti se la battono con quelli di cui al punto precedente);

c) Esponenti della sinistra fucsia, piddini, boldriniani, radicaloidi, cappatoidi, e affini: quelli che iniziano i discorsi con: “Lo Stato di diritto è sotto minaccia”, e allora tu speri che si siano imprevedibilmente svegliati, invece subito dopo scopri che stanno parlando, a piacere, di Bielorussia, di suicidio assistito, di feti sepolti, o si stanno lamentando che la destra retriva ha bocciato il DDL Zan, ma non gli strapperesti mezza parola sullo stato di emergenza permanente neanche sotto tortura.

A proposito di Stato di diritto, quello tradizionale, da Montesquieu a oggi, ha cercato i contrappesi TUTTI interni allo Stato, per cui i magistrati sono impiegati statali, i parlamentari sono impiegati statali, i professori, gli accademici, sono impiegati statali: quanto pensate che degli impiegati statali possano contraddire il governo, per non invece concentrarsi sulle bagatelle? E vorrei dire che anche i virologi e gli immunologi e tutta la compagnia di giro di saltimbanchi che vediamo alla televisione sono impiegati statali, oltre che impiegati in senso lato dei soggetti multinazionali strapotenti.

Occorre immaginare dei contrappesi ESTERNI allo Stato, con l’autogestione e la resistenza. Quantomeno negli Stati Uniti la dichiarazione dei diritti è una cosa seria, è stabilito anche che una elencazione di diritti non può essere interpretata nel senso di negare diritti non elencati, da noi basta invocare il cosiddetto diritto alla salute per fare fuori tutti gli altri.

E allora qui va fatto un discorso un po’ più ampio sulla questione della cosiddetta “dittatura sanitaria”, locuzione che ha un fondamento tecnico giuridico nel fatto che si è preteso di fare dell’articolo 32 della Costituzione la Grundnorm dell’ordinamento, in nome della prevalenza della salute, peraltro intesa in un’accezione asfittica come “assenza di covid” e non come stato di benessere psico-fisico della persona, come invece prevede da sempre l’Organizzazione Mondiale della Sanità, perché da questo punto di vista la nostra salute è stata ampiamente maltrattata.

Molte persone in buonafede non concepiscono che da taluni si utilizzi l’espressione “dittatura sanitaria”. Queste persone pensano infatti che, per aversi “dittatura”, occorre che vi sia un signore con i baffetti alla Charlot che dica cose strane e mandi milioni di persone allo sterminio.

Oppure pensano che, per aversi dittatura, occorre che vi sia al potere un generale cileno, che utilizzi gli stadi per radunare oppositori.

Siccome ciò da noi non succede (per ora), siccome abbiamo ancora il diritto di abbaiare alla luna sui social, fin quando il signor social non decida a suo arbitrio il contrario, allora da noi non vi sarebbe alcuna “dittatura”.

Qui si annida un grave errore su che cosa si debba intendere per “dittatura”. Ad esempio, durante il fascismo, negli anni ’30, c’erano meno detenuti che nell’Italia di oggi, anche se c’erano i tribunali speciali, dato che oggi i tribunali ordinari mandano migliaia di persone in carcere per piccoli reati riguardanti lo spaccio (un terzo dei detenuti è di questo tipo), mentre durante il fascismo questo fenomeno non esisteva.

Quindi per uno arrestato per piccolo spaccio, per lui personalmente, già c’è dittatura, come c’è stata dittatura per me tutte le volte che la polizia municipale del riverito e progressista e modernoComune di Milano si è intrufolata arbitrariamente in casa mia per portarmi via con la violenza, applicando un istituto, che, guarda caso, si chiama Trattamento SANITARIO obbligatorio.

E già, perché la sanità è un ottimo strumento per imporsi d’autorità, in particolare la psichiatria, come si sa dalla vicenda dell’Unione Sovietica, che molto ci ha lasciato in eredità, ossia l’idea che chi non condivida un certo framework dev’essere per forza pazzo, dato che, stando all’oggi, solo un pazzo può fare propaganda per la morte certa, alla quale andrebbe incontro il non vaccinato, il che rappresenta, oltre che un procurato allarme, anche un grossolano falso statistico.

D’altra parte Mussolini aveva un pochino di IstitutoLuce, ma non disponeva di una dozzina di canali a rete unificate a fare propaganda minuto dopo minuto per lui, come oggi ha il Grande Banchiere: il mezzo televisivo consente di fare un salto di qualità, al fine di capire se c’è almeno un altrettanto pochino di dittatura.

Ma ricominciamo da capo.

Durante la Repubblica Romana, il dittatore, che, si badi, durava SEI MESI, mentre qui lo stato di emergenza è stato ulteriormente e illegittimamente prorogato per la terza volta, era un “magistrato straordinario” (per usare la formula del Mommsen) che faceva fronte a situazioni eccezionali di particolare disordine o pericolo. Non sterminava gli ebrei, però si chiamava dittatore ugualmente, dato che dittatura significava semplicemente sospensione (per sei mesi, e non all’infinito) delle istituzioni e delle magistrature ordinarie, stante lo stato di emergenza o di eccezione

Per Carl Schmitt si distinguono dittatura commissaria e dittatura sovrana.

La dittatura commissaria somiglia a quella romana, nel senso che si tratta di una sospensione temporanea delle istituzioni formali vigenti, che poi però si riespandono nella propria efficacia ed effettività con il ritorno alla normalità.

La dittatura sovrana, al contrario, segna il passaggio da un sistema costituzionale a un altro, accompagna la fuoriuscita dall’ordinamento.

Durante la Repubblica di Weimar, come ricorda Agamben, non l’Agamben di oggi, ma l’autore che conosciamo da decenni, ci sono state più di 100 dichiarazioni di stato di eccezione (dittature commissarie), finché poi l’ultimo stato di eccezione fu proclamato da Hitler con sospensione di tutti i diritti costituzionali, e in questo caso si trattò di dittatura sovrana, dato che si passò a un nuovo sistema costituzionale, quello del Terzo Reich, fondato sul Führerprinzip, ossia sull’abolizione sostanziale e (quasi) totale dello Stato di diritto, con la sua sostituzione con la nuova Grundnorm, rappresentata dai gusti personali del Führer, l’unico in grado di interpretare legittimamente il sentimento del Volk.

Ora, la nostra Costituzione non prevede alcuno “stato di eccezione” non per caso, ma perché i costituenti avevano chiara in mente l’esperienza di Weimar, ossia erano consapevoli che sospendere periodicamente la Costituzione avrebbe condotto al peggio.

Noi con il lockdown abbiamo visto la sospensione pressoché generalizzata dei diritti costituzionali.

Ora, il lockdown non era un normale provvedimento amministrativo, ma un provvedimento amministrativo in grado di impattare, non su questa o quella libertà costituzionale, ma su tutte contemporaneamente, il che se non è dittatoriale ditemi che cos’è.

In assenza di una norma in Costituzione sullo stato di eccezione, quali sono i referenti normativi della sospensione dei diritti?

Anzitutto un principio, che poi è passpartout in grado di legittimare qualsiasi abuso: il principio necessitas non habet legem, che sta alla base del “liberi tutti” connesso agli stati di necessità. Ma qui non siamo in uno stato di necessità tra privati, qui siamo di fronte a un governo a uno Stato che invoca lo stato di necessità per potere derogare a una costituzione che dovrebbe essere sempre inderogabile. E tuttavia, anche ammettendo lo stato di necessità, diciamo così, di diritto pubblico, va ricordato che gli atti illeciti commessi in stato di necessità non sono punibili, ma comportano corresponsione di un indennizzo al danneggiato secondo il criterio di efficienza di Kaldor-Hicks, che prevede appunto compensazione agli interessi danneggiati; quindi il governo dovrebbe indennizzarci per le libertà di cui ci priva. Poi con quali soldi non si sa, dato che dovrebbe prenderli dalle tasse, a meno che Draghi non convinca la Lagarde a procedere all’helicopter money, ossia alla distribuzione dall’alto di moneta a tutti, come fu teorizzato da Milton Friedman.

Più precisamente esistono alcune norme poste in concreto, quindi non sto facendo un discorso di dottrina profonda, a sostegno dello stato di emergenza: quella prevista dal Testo Unico della protezione civile sullo stato di emergenza, anzitutto, ma si tratta di uno stato di emergenza all’acqua di rose, che consente solo poche cose, che il ministro della salute adotti ordinanze contingibili e urgenti e procedure accelerate sugli appalti. Invece si sono inventati i DPCM.

Ora, poi, il decreto legge sul green pass ha prorogato lo stato di emergenza (che in base alla norma originaria sarebbe GIA’ SCADUTO), quindi di fatto il nuovo Decreto Legge introduce motu proprio una norma eccezionale, ovviamente incostituzionale, dato che prorogando lo stato di emergenza elude il limite temporale indicato dalla normativa sulla protezione civile. Non mi soffermo qui sul fatto che si è prorogata l’efficacia di un provvedimento amministrativo con un atto di rango legislativo.

Un altro pretesto che viene invocato è il fatto che l’articolo 16 della costituzione prevede limitazione alla libertà di circolazione per motivi di sanità pubblica, quindi qualsiasi libertà o diritto la costituzione preveda viene ora spacciato per diritto di circolazione, che è una nozione circoscritta, in modo da potere applicare le limitazioni di cui all’articolo 16, per cui anche il diritto al lavoro viene chiamato diritto di circolazione per poterlo limitare.

Ma la più grande invenzione (extra)costituzionale dei nostri tempi è l’avere individuato nell’articolo 32 la norma in grado di sostenere uno stato di emergenza o di eccezione, appunto la norma sul diritto alla salute e sull’interesse della collettività alla salute.

Questo “interesse della collettività alla salute” diventa quindi la nuova Grundnorm, in nome della quale tutto sarebbe consentito da parte del potere governativo, bypassando tutti gli altri diritti, pur se questi, come quello previsto dall’articolo 13 sull’inviolabilità della libertà personale, sono sempre stati intesi dalla dottrina e dalla giurisprudenza come rigidi e non flessibili.

Invece l’invocazione della nuova norma fondamentale, l’articolo 32, rende flessibili i diritti fondamentali, che dovrebbero collocarsi in situazione di supremazia nell’ordinamento lessicografico.

Ma proprio l’articolo trentadue dovrebbe essere interpretato, in nome del principio di precauzione, come ostativo dell’obbligo vaccinale, dato che, in presenza di diffusi effetti avversi, il diritto individuale alla salute prevale sul generico interesse alla collettività alla salute, e questo proprio alla luce della stessa giurisprudenza passata della Corte Costituzionale sull’obbligo vaccinale.

Non è finita!

Posto che, invece, in nome della salute si introducono palesi discriminazioni, si viene a dire che L’ARTICOLO 32 PREVALE SULL’ARTICOLO 3 sul principio di eguaglianza, il che vedete bene trattarsi esattamente un’affermazione di legittimazione della dittatura sanitaria, dato che pone il presunto “interesse della collettività alla salute” (interesse, si badi, non diritto, ossia qualcosa meno di un diritto) in posizione gerarchicamente superiore rispetto allo stesso articolo 3, ossia alla norma forse più importante della Costituzione (assieme probabilmente all’articolo 13, che è stato massacrato durante il lockdown, come riconosciuto da alcuni giudici).

Ecco allora spiegato in che cosa consiste la “dittatura sanitaria”, nella supremazia gerarchica di un concetto attributivo di poteri totalmente discrezionali, quindi derogatori rispetto ai diritti individuali, quale quello di “interesse della collettività alla salute”, ossia di qualcosa che lo stesso articolo 32 pone in posizione subordinata rispetto al DIRITTO INDIVIDUALE alla salute.

Siamo quindi in dittatura commissaria o sovrana?

Per ora le parvenze sono di dittatura commissaria, ma per chi sa vedere oltre il proprio naso, dato che siamo in situazione “Grande Reset”, Recovery Fund (ossia ristrutturazione del capitalismo reale a carico della spesa pubblica), vede bene che tutto ciò ci parla di una dittatura sovrana che porta a un nuovo, e poco bello, sistema costituzionale (de facto se non de iure) e politico.

Quando diciamo “Great Reset” ci danno dei complottisti perché sono ignoranti o fingono, dato che il grande reset è il progetto ufficiale del molto ben frequentato World Economic Forum.

Ci sono tanti profili particolari del grande reset, ma c’è un punto di sostanza, che fa dell’attuale Draghi il suo rappresentante ufficiale da noi (avendo poi Draghi incontrato Klaus Schwab a Palazzo Chigi due settimane fa).

Ossia che questo progetto di grande trasformazione, che prende le mosse dalla grande occasione della “pandemia”, la cui funzione storica è quella di costituire il pretesto per questa “grande trasformazione”, segna una sorta di post-keynesismo della fase suprema, in cui il capitalismo e lo Stato fanno la pace definitivamente (mica che abbiano mai davvero litigato), sicché l’uno diventa strumento del rafforzamento dell’altro, tant’è che il grande tecnocrate Schwab, nel Great Reset, scrive che si va verso un nuovo Big Government: il capitalismo reale è ben lieto, perché questo significa che vivrà di finanziamenti pubblici, alias di accesso privilegiato alla moneta fiat, salvo concedere qualche briciola a noi poveracci sotto veste di reddito di esistenza (ma due lire, eh, mica aspettatevi il bengodi, giusto per la sussistenza).

Prima della pandemia, non so poi se sia vero, si delineavano due schieramenti nelle élites transnazionali, secondo Gioele Magaldi si tratterebbe di “massoneria aristocratica” contro “massoneria progressista”, in cui però la prima è preminente, in cui il primo schieramento sarebbe stato “neo-liberista”, ossia a favore del grande capitale e contro l’interventismo statale, mentre il secondo schieramento sarebbe stato “neo-keynesiano” e “rooseveltiano”, ossia favorevole a un nuovo New-deal e all’intervento pubblico nell’economica.

ORA QUESTA CONTRAPPOSIZIONE NON ESISTE PIU’.

La pandemia ha infatti indicato altre strade, che sono quella del Grande Reset e, in Europa, del Recovery Fund, che dimostra come anche la destra economica già neo-liberista cosiddetta è diventata neo-keynesiana, ma solo nell’accezione volgare dell’intervento dello Stato in economia, dato che, con Grande Reset e Recovery Fund IL GRANDE CAPITALE SI DICHIARA appunto BEN LIETO DELL’INTERVENTO DELLO STATO, dato che lo Stato, inteso in senso ampio anche come Unione Europea, possiede le leve finanziarie e monetarie con le quali finanziare la ristrutturazione capitalistica, digitale, green cosiddetta e infrastrutturale, dato che il capitalista non può certo emettere la moneta di cui ha bisogno.

Da qui la dottrina draghiana e legardiana del “debito buono”, o l’invocazione del sostegno delle banche che fece Draghi illo tempore, che è debito che ripagheremo noi con poderosi aumenti dell’IVA (così dice il Recovery Fund) oltre che sugli immobili, dato che alla linea Monti-Draghi-Lagarde non piace che il ceto medio o la piccola borghesia disponga di casa di proprietà che fa troppo Fantozzi stanziale e poco dinamico, e la perdita di questi piccoli diritti di proprietà è esplicitamente teorizzata dal World Economic Forum.

Senza pandemia non sussisterebbe alibi per tale progetto.

Quindi non siamo nell’ambito del discorso destra-sinistra, ma nell’ambito del discorso sopra-sotto, come i populisti hanno intuito da un po’ di anni (ma io già lo scrissi nel Dittatore Libertario 15 anni fa).

Questo sistema pubblico-privato, che da 15 anni chiamo “idiocrazia”, da idion, privato in greco, chiede da noi non davvero “consenso”, non chiede “contratto sociale”, chiede semplice “adesione” passiva, come si aderisce con un click a un wrap contract su internet.

Non c’è contratto sociale, ma tanti piccoli atti di adesione al sistema, di fatto inevitabile per vivere: e loro ci danno in cambio tante belle cose, dai social network al calcio in Tv (argomento che meriterebbe una trattazione a parte), però poi  dobbiamo impazzire di “adempimenti” buro-idiocratici, dobbiamo dare di continuo il nostro cosiddetto consenso per ogni stupidaggine (non certo per le cose fondamentali), per ogni cookie metaforico e reale ci si ponga di fronte nella nostra quotidianità: mica per niente, ma perché hanno molto a cuore la nostra privacy.

E quella della privacy è tutta un’altra barzelletta, perché il garante della privacy serve anzitutto a legittimare tutte le intrusioni nella privacy da parte dei governi, e poi per imporre tutta una serie di adempimenti inutili e costosi nei rapporti tra privati.

Che il Grande Reset non sia una recita è dimostrato dal fatto che in Europa ne esiste una chiara prima applicazione, il Recovery Fund. Il Recovery Fund è una chiara applicazione dei principi del Grande Reset esattamente per il motivo che ho detto, perché prevede la ristrutturazione del sistema capitalistico, in particolare digitale e in senso “green”, a spese del contribuente, sicché i meccanismi keynesiani sono qui volti, non più a incentivare l’intervento dello Stato in senso “sociale”, ma direttamente a vantaggio del grande capitale, fermo restando che magari tutto questo ci porterà qualche infrastruttura in più.

Ma la cosa più notevole, che ha fatto sballare tutta una serie di categorie di politica economica che sembravano acquisite da determinati partiti, penso ad esempio a PiùEuropa, è il fatto che tutto ciò avviene contraendo un forte debito –che questa volta viene appunto definito “debito buono”, che è debito ora autorizzato dall’Unione Europea, la quale anzi fa da intermediatrice finanziaria, dato che presta a interesse ciò che prende in prestito sui mercati (si chiama strozzinaggio), e ha già stabilito che tutto ciò sarà ripagato negli anni prossimi con un poderoso aumento dell’IVA.

Naturalmente i mass-media ci vendono l’imbroglio che l’Europa ci sta regalando soldi per bontà, quando è solo artefice di una ristrutturazione economica e istituzionale a vantaggio di pochi a spese della collettività, spese sia monetarie che politiche.

Lo Stato agisce e si impone sempre in nome di un qualche “bene pubblico” da realizzare. Il dominio oggi ha una coloritura di sinistra e non di destra, pur trattandosi di un sistema elitario, per la semplice ragione che la sinistra è un’indefessa elaboratrice di formule di legittimazione del dominio in nome del “bene pubblico”, dato che al potere autoritario affida un’infinità di “beni pubblici” da perseguire, beni pubblici dal nome sempre accattivante, come “salute”, “ambiente”, “istruzione”, e così via, salvo che questi beni pubblici accattivanti hanno sempre necessità di quelli tradizionali non accattivanti, ossia l’ordine e la sicurezza, per perseguire con la coercizione quelli accattivanti: come dire che la sinistra aggiunge altri beni pubblici a quelli di destra, senza abbandonare quelli di destra, appunto ordine e sicurezza.

Ora, stabilito che il concetto di bene pubblico funziona nel senso di omogeneizzare e appiattire le scelte, sul falso presupposto che attorno a un bene pubblico, ossia indivisibile, non si formino contrapposizioni di interessi e di modi di vedere le cose, occorre sottolineare come oggi funzioni in senso autoritario il richiamo al concetto di scienza, sempre per garantire la salute e l’ambiente, ovviamente: ebbene, tutto ciò presuppone una genetica distorsione del concetto stesso di scienza in senso epistemologico, dato che, anche senza bisogno di scomodare l’anarchismo metodologico di Feyerabend, pensiamo al popperiano Imre Lakatos, per il quale la scienza consiste in una pluralità di programmi di ricerca in concorrenza; salvo che lo Stato, per esprimere la sua politica scientifica, ossia sanitaria, ambientale o di altro tipo, deve scegliere uno solo tra questi programmi in concorrenza, o, nella migliore delle ipotesi, imporre un compromesso, che di solito funziona poco, tra programmi alternativi: questa è appunto la logica del “bene pubblico indivisibile”, che quindi si impone d’autorità a discapito della libera concorrenza tra ipotesi e teorie scientifiche, e così è facile comprendere che le ragioni del potere e dell’autorità prevarranno su quelle davvero genuinamente scientifiche, che sono per definizioni plurali e anche irriducibili.

E in effetti tanto “salute” quanto “ambiente” sono ben graditi alle élites di potere, dato che in loro nome si può legittimare, come avviene ora, qualsiasi provvedimento repressivo, o magari, in nome della transizione ambientale, abbattere il tenore di vita delle persone, sia nei consumi, sia con l’aumento spropositato delle bollette, sia con tasse e imposte; quanto poi al bene pubblico dell’”istruzione” stendiamo un pietoso velo, dato l’indottrinamento al quale la scuola pubblica si presta, in nome di un concetto di “educazione civica” totalmente travisato, nel senso di educazione al rispetto del regime, sullo stile passato del “libro e moschetto”, naturalmente mutatis mutandis, perché ora il libro è progressista, naturalmente in modo superficiale, e il moschetto spara a salve.

Sul fatto che l’invocazione della salute, della sanità e delle varie “iatrie” sia fatta apposta per condurre a derive repressive c’è poco da dire, trattandosi di vicenda già conosciuta e condannata dalla storia, si pensi all’uso strumentale della psichiatria in Unione Sovietica e anche però nelle dittature di destra, in particolare nel nazismo.

Ricordatevi bene che il ministro della salute Speranza ha invitato dagli schermi televisivi alla delazione dei vicini di casa per il caso che ci fossero troppi posti a tavola, richiamando il modello delatorio della DDR; non solo, ha anche scritto un libro, che chissà perché è stato ritirato dal mercato, che io ho letto, che si conclude prospettando un futuro orwelliano di controlli sanitari dalla gestazione a dopo la morte, con particolare attenzione per il controllo psichiatrico, sul quale poi Speranza è successivamente tornato chiedendo finanziamenti per la politica sulla salute mentale, il che, detto da uno come lui, non può che destare preoccupazione.

E allora qui emerge con forza tutta la questione su che cosa sia diventato questo welfare, soprattutto sanitario, ma non solo, il che ci fa pensare alle profezie di un Ivan Illich sulla nemesi medica e sulla necessità di descolarizzare la società.

Il welfare, da sede di diritti, i cosiddetti diritti sociali, è diventato sede degli obblighi e strumento di disciplinamento e di imposizioni, perché le sue inefficienze diventano poi anche ragione di limitazione della libertà: voi sentite infatti tutti i giorni dire, come se niente fosse, come se fosse un ragionamento normale, che noi dobbiamo perdere diritti di libertà a causa dei limiti del welfare state: “siccome ci sono pochi posti in terapia intensiva, ti ordino di stare a casa”, è stata una delle ragioni del lockdown, quindi i diritti più elementari, come quello di mettere il muso fuori dal protone, diventano welfare-compatibili: senza un grande welfare, non si può godere dei più minimali diritti di libertà, per cui in base a tale ragionamento nel terzo mondo non potranno mai avere diritti di libertà.

Oppure ti dicono: “devi vaccinarti perché un giorno di terapia intensiva costa 12 mila euro”, che è un altro modo per fare funzionare il welfare da sistema di pressione sulle scelte individuali, sicché la statizzazione della sanità comporta la statizzazione dell’esistenza, che è esattamente quanto il ministro Speranza sostiene di fatto nel suo libro.

Del resto già oggi si ritiene da parte di molti che il welfare rappresenti un elemento di limitazione della libertà di spostarsi tra nazioni, dato che l’arrivo di qualcuno nuovo comporta, nel nostro sistema, immediato incremento di spesa pubblica, il che finisce con il diventare limitazione a questo genere di libertà.

E allora, da libertari, dobbiamo essere in grado di proporre un welfare diverso, una rete di servizi dal basso e fuori dallo Stato-apparato, quello che chiamo welfare libertario, che comprenda ad esempio la sanità e l’istruzione, approfittando di questa situazione paradossalmente favorevole, in cui molti sanitari e molti insegnanti vengono di fatto estromessi dai servizi di Stato in quanto non disponibili a vaccinarsi con questi vaccini.

Sanità autogestita e scuola autogestita devono diventare nostri slogan, il che però deve anche comportare lo scorporo delle imposte che si pàgano per un servizio di Stato al quale si decide di rinunciare.

Come ho già detto, la nostra Costituzione ha mostrato tutti i suoi limiti, che derivano dal cosiddetto “principio di bilanciamento”, dal fatto che al vertice della gerarchia delle fonti non si collocano con chiarezza i diritti di libertà, che quindi vengono “bilanciati”, a discrezione del legislatore, quindi nei fatti del governo, il quale a un certo punto può stabilire di violare a piacere la tua libertà, se ritiene, ad esempio, che “l’ambiente” sia più importante della libertà (e infatti già si preannunciano i lockdown in nome della lotta al riscaldamento globale).

La dottrina del bilanciamento pone il governo al di sopra della Costituzione, che diventa una sorta di pasta per pizza da manipolare a piacere da parte del governo-pizzaiolo.

Invece la nostra concezione dello stato di diritto, rigorosamente con la minuscola, quindi diciamo meglio rule of law, deve vedere con nettezza i diritti umani al vertice della gerarchia delle fonti, il che di fatto comporta l’invalidazione automatica di grande parte della legislazione sottostante, per certi versi di tutta: con la codificazione dei diritti umani, quello che una volta si chiamava diritto naturale diventa diritto positivo, salvo che non è ancora effettivamente vigente, per la difficoltà di renderlo effettivamente operativo, di farlo applicare effettivamente.

E si capisce perché; occorre infatti considerare che, secondo il modello tradizionale che abbiamo di fronte, dato che da questo punto di vista non è cambiato niente da secoli, l’ordinamento giuridico e la sua efficacia poggiano, in ultima analisi, sulla minaccia dell’uso della forza da parte delle forze armate in senso lato, quindi delle forze dell’ordine e di polizia, alle quali è affidata l’effettività dell’ordinamento giuridico.

Ma se al vertice della gerarchia delle fonti, nell’ordinamento, si vengono a collocare, davvero e non a chiacchiere, i diritti umani, in che modo le forze militari, dell’ordine e di polizia possono implementare questo tipo di ordinamento, in che modo possono renderlo effettivo?

Diciamo così brutalmente: se la modalità di azione della polizia è la violenza, icasticamente la manganellata, la tutela dei diritti umani passa per il manganellamento degli uomini di governo e di potere, dato che sono questi soggetti a violare i diritti umani; e allora in tal caso la polizia cesserebbe di essere un organo dello Stato rivolto contro i cittadini per diventare un organo o una pluralità di organi della società civile rivolti contro i governanti, anche si vi sembra un paradosso.

Allo stesso modo, verrebbe di molto esteso l’istituto della nullità della legge per violazione dei diritti umani, ma ciò comporterebbe il venir meno di ogni obbligo politico, di ogni capacità della legge nulla di pretendersi vincolante, e quindi l’estendersi della legittimità della disobbedienza civile, dell’obiezione di coscienza e dell’esercizio del diritto di resistenza.

Intanto, prendiamo atto che, in questa situazione di stalking governativo e di bullismo di Stato, l’effetto più evidente di tutto questo è che si sono venuti a deteriorare i rapporti umani, i normali rapporti tra le persone, in una situazione in cui, secondo un modello un po’ fascista e un po’ da DDR, milioni di persone sono state incardinate nel sistema giuridico come veri e propri poliziotti e controllori -il che è una forma di totalitarismo moderno-, vale a dire milioni di commercianti, di baristi, di camerieri, di addetti ai trasporti, di addetti alla ristorazione, di uscieri, di commessi, tutti trasformati in controllori e poliziotti.

Non solo, si sono rovinati i rapporti umani tra le persone, si sono rotte delle amicizie decennali, per cui dal “ce la faremo” siamo passati all’homo homini lupus, quando si era detto che sarebbe aumentata la solidarietà patriottica: abbiamo avuto un profluvio di retorica al posto della corretta informazione

Si noti che è proprio lo Stato con la sua azione, quello Stato che secondo Hobbes nasce per superare l’homo homini lupus, a determinare esattamente il fatto che i rapporti umani siano ridotti a homo homini lupus, per cui appena vedi qualcuno da lontano incominci a metterti a posto la mascherina per evitare discussioni o simili cose orrende, con tutte le sceneggiate grottesche che abbiamo visto sui treni e per le strade.

Finisco con un appello ai sentimenti, che è anche un appello alla ragione.

Io mi sento come se andassimo davvero verso un nuovo 1922, o, per meglio dire, 1925, quando la stretta arrivò davvero. Ma vedo in giro molta gente che prende coscienza di sé, gente che si cancella dagli albi professionali, insegnati che accettando di buon grado di abbandonare l’oscena scuola di Stato, professionisti della sanità che capiscono che devono andare altrove. E intanto molti meditano di andarsene.

Ebbene, i fatti della vita non sono mai di un segno univoco, sono sempre ambivalenti: con questa consapevolezza, cerchiamo di vedere con lucidità tutto il buono che sta saltando fuori da questa situazione, per certi versi drammatica, per certi versi grottesca.

Fabio Massimo Nicosia