Considerazioni non giuridiche sulle criminali sentenze della Corte Costituzionale sugli obblighi vaccinali

Con le recenti sentenze della Corte Costituzionale in materia di obbligo vaccinale, criminali in quanto si ammette che lo Stato possa ledere gravemente il cittadino, o addirittura determinarne la morte, se suo scopo è combattere un virus micidiale come il raffreddore, in nome del quale ci hanno privato dei diritti fondamentali per due anni, si propone, come scappatoia della propria auto-legittimazione, di “subordinare la politica alla scienza”, come nuova formula di legittimazione dell’autorità, come aveva previsto con terrore Bakunin, come nuovo fondamento dell’”interesse pubblico”, in quanto prevalente, non solo sull’”interesse individuale”, ma anche sui più elementari diritti fondamentali individuali, e naturalmente si tratta di un concetto quasi sempre truffaldino di scienza, in quanto il concetto che viene proposto elide l’elemento fondamentale dell’epistemologia non solo moderna, vale a dire la libera concorrenza delle teorie scientifiche, e quindi culturali e politiche.

Sia consentita a tale proposito una digressione: la scelta tra interesse pubblico e interesse individuale viene proposta come una sorta di scelta a somma zero ed escludente, dato che viene proposta come una sorta di trolley problem, nel quale l’individuo viene trattato come il famoso “uomo grasso”, il quale meriterebbe di essere sacrificato, perché, dall’altra parte dei binari, si situa un “collettivo”, ossia cinque persone, tal per cui la quantità fa premio sull’eventuale qualità, in modo tale che “cinque” deve per forza valere più di “uno“; il che è un nonsenso, ad esempio se tra i cinque c’è qualcuno che odiamo, o di cui non ce ne frega nulla, mentre il grassone è persona che amiamo, ad esempio perché è nostro figlio. O magari anche solo perché tra i cinque ve ne sono, in ipotesi, tre, per nulla attaccati alla vita, mentre il grassone è attaccatissimo perché adora cibarsi, e allora sarà lui, e non i cinque, a subire il danno maggiore dall’esserne privato.

Invece, con riferimento all’universo politico-giuridico, è pur vero che vi sono conflitti, ma tra individui e tra gruppi, non mai tra un interesse individuale e un presunto interesse collettivo ipostatizzato, che sia qualcosa di diverso dalla sommatoria degli interessi e dei diritti individuali, dimodoché l’interesse pubblico consiste nel rispetto e nell’esaltazione di tutti i diritti individuali e non nel loro sacrificio, come se l’interesse pubblico non fosse una pura astrazione, ma qualcosa che si invera nel materiale, in quanto autonomo dagli invece davvero concreti interessi individuali. Ovvero ancora, se pure una nozione di interesse pubblico potesse essere individuata, questa non potrebbe mai ignorare e contrapporsi agli interessi e ai diritti individuali, dato che questi prevalgono nell’ordinamento lessicografico e nella gerarchia delle fonti -in quanto diritti umani, diritti fondamentali della persona-, e quindi non è mai possibile che l’inferior possa prevalere sul superior, travestendosi esso, in quanto fictio, in superior, in ribaltamento di ogni logica dotata di senso.

In realtà, a ben vedere, in un’ottica utilitarista coerente, ossia libertaria e non autoritativa, il bene collettivo, pubblico o comune, escluso dunque che possa sacrificare interessi individuali, i quali meritano invece la presa in considerazione nel calcolo di utilità, può essere inteso esclusivamente come momento “paretiano” di massimizzazione di tutti gli interessi individuali, sul presupposto che la cooperazione, non sacrifica l’individuo, ma massimizza appunto la sua utilità, giacché ognuno si giova del supporto dell’altro: e allora, in tale chiave, l’interesse collettivo non può che essere inteso che come un momento, nel quale ciascun interesse individuale, conciliandosi con l’interesse di ciascun altro individuo, guadagna dalla cooperazione, non perde dal fatto della coesistenza e della convivenza con gli altri: in altri termini, può dirsi perseguito un interesse comune solo quando ciascun membro della collettività o della comunità ha guadagnato qualcosa dal fatto che si sia perseguito il bene comune: non che si spacci per “comune” l’interesse di alcuni, a discapito di quello di altri, i quali vengono sacrificati come individui, con il pretesto che si è perseguito il fasullo bene comune, che invece è solo l’interesse della parte più forte e menzognera.